di Silvia Agabiti Rosei

Intervista a Simone De Laura, dj di Radio Rock

simonerrockÈ uno dei dj della storica radio romana dedicata al Rock e, a parere personale, una delle voci più belle del panorama radiofonico italiano. Simone De Laura, dal background musicale colto e raffinato, ha risposto ad alcune mie domande.

Da quanto tempo fai questo lavoro e quando sei entrato nel team di Radio Rock?

Sono entrato a Radio Rock nel 2009. Precedentemente avevo lavorato per un triennio in altre radio.

Raccontaci come è nato il tuo interesse per la musica.

Ho avuto la fortuna di avere dei genitori appassionati di musica, mi hanno fatto ascoltare molti e diversi autori, me ne hanno parlato e mi hanno fatto studiare musica. Il resto è venuto da sé, molto naturalmente. Da adolescente leggevo tutto quello che era possibile, riviste e libri di argomento musicale. A quattordici anni un gesto quasi folle… mi presentai da una radio privata e mi presero. Da allora fino ai diciassette anni ho trasmesso per radio. Una lunga pausa, poi ho ricominciato con Radio Rock nel 2009.

L’impressione che si ha ascoltando l’emittente Radio Rock è che nel vostro mestiere si abbia in partenza, o comunque si sviluppi nel tempo, una cultura vastissima nell’ambito Rock e non solo, al di là della pura passione per le note e gli artisti. Questo, ascoltando la tua programmazione e i tuoi interventi, è particolarmente evidente. Quanto tempo dedichi allo studio della storia, dei generi e degli artisti del mondo della musica?

Vivendo all’interno di un’emittente radiofonica, ovviamente si “respira” musica, la ricerca è poi un percorso personale. Da quando sono un ragazzino leggo e mi informo. Amo ancora oggi prendere un libro o una rivista di musica, aprire a caso una pagina e rileggere. Poi l’ascolto, la condivisione e lo scambio di opinioni con i colleghi. L’accesso a pagine infinite sul web amplia notevolmente la ricerca, anni addietro la conoscenza avveniva solamente tramite le riviste, i libri, i cd.

Sei anche un musicista, quali sono le tue basi e le tue tendenze sonore?

Ho avuto la fortuna di studiare chitarra, pianoforte e basso, ma non mi reputo un buon musicista. Ho sempre suonato molto rock, anche a livelli alti, ho avuto la fortuna di fare concerti, sala e anche alcune sedute come turnista. La mia personale passione è sempre rimasta lì… rumore… Rock!! Le mie tendenze e preferenze d’ascolto vanno al Rock, nella sua accezione più ampia e alla musica classica.

Nella tua programmazione si notano spesso anche venature sperimentali, oltre che Rock tout court, mi riferisco ad esempio a gruppi come i Dead Can Dance, che io stessa seguo particolarmente. In che modo, in base alla tua esperienza e alle tue personali sensazioni, le loro sonorità catturano l’attenzione di chi si occupa prevalentemente di rock?

Sì, assolutamente sì, spesso sonorità particolari attirano l’attenzione anche di chi è abituato al rock più classico. Il perché è assolutamente inspiegabile. Per fare un esempio, all’inizio degli anni Settanta l’Italia era all’avanguardia per ascolto e fruizione di musica progressive, i Genesis venivano in tournée in Italia ed erano sconosciuti in patria… Le vendite dei dischi erano notevoli per un tipo di musica “difficile”, eppure era un fenomeno. L’ascoltatore e il fruitore di musica italiano è particolare, oscilla fra ascolti molto modesti ed eccellenze incredibili.

Ci sono stati, nei decenni, molti pregiudizi sul genere Rock, specie in Italia, dove ancora oggi sembra esserci resistenza a una fruizione e a una diffusione ad ampio raggio. Quali sono le ragioni di tali freni?

L’Italia è il paese del bel canto, tradizionalmente classico, il Rock veniva “da fuori”, era diverso, quindi una non facile accettazione. Adesso in Italia si fruisce della musica come in tutti gli altri paesi del mondo. Un tempo il Rock era sempre associato a perdizione, rumore, sesso, droga e rock’n’roll. Culturalmente è ancora “di nicchia”, se ne parla poco, spesso male. Radiofonicamente parlando è scarsissimo, inesistente.

Nonostante ciò, recentemente, anche grazie al contributo di Radio Rock, alcune band italiane emergenti sembrano dare respiro al genere anche qua e interessare parte del pubblico. Cosa sta accadendo, quindi, di nuovo?

Una maturazione e una più ampia conoscenza della musica ha sicuramente influito sui nuovi musicisti, ponendoli anche a livelli internazionali. Molta più consapevolezza, anche una maggiore preparazione tecnica. L’unica osservazione negativa è un eccesso di presunzione, ossia, la tecnologia attuale consente di “confezionare” un intero album in casa, il che è bellissimo, il problema è appunto la presunzione. Il livello qualitativo delle registrazioni e dei lavori è sceso notevolmente, anche a livello internazionale, tutti si sentono”Gran Maestri” di tutto, e purtroppo spesso si sente. Un percorso che i gruppi italiani dovrebbero curare con maggior attenzione è la voce, dovrebbero studiare canto e ascoltarsi. Non basta aprire un microfono e tirare fuori il fiato.

Quanto è cambiato il panorama musicale in genere, peculiarmente quello Rock, negli ultimi anni, dato che l’idea prevalente è che non si faccia più musica valida come fino a un decennio fa o anche prima?

Prima ci sono stati i pionieri, la nascita del Rock, adesso si cercano le sonorità e i suoni degli anni ’60 e ’70, c’è una vera e propria ricerca dei suoni “antichi”, una vera mania. Sostanzialmente il panorama attuale della musica a livello internazionale è assolutamente aperto, non esistono più grandi e nuove correnti musicali, ognuno fa quello che vuole. Molte cose sono valide, altre suonano male. L’unica caratteristica sonora di molti gruppi è la scomposizione sonora, ovvero la frammentazione del suono, moltissimi gruppi “colorano” i brani in maniera “scomposta”, alcune soluzioni suonano bene, purtroppo nella maggioranza dei casi è rumore scomposto. Il fatto è che piace, molte recenti produzioni sono piene di “frammenti sonori”. Il problema è che Moby è uno solo. La ricerca delle sonorità “antiche” è spesso un rifugio, un’illusione, il fatto di possedere un amplificatore Vox AC30 originale degli anni sessanta non garantisce che il prodotto finale sia valido. Il suono più ricercato è comunque sempre il garage originale, la psichedelia della metà degli anni Sessanta. Quelle sonorità sono ricercatissime, Velvet Underground docet.

Come persona sensibile agli aspetti emotivi e intellettuali del mondo musicale, oltre che, ritengo, del contesto sociale e culturale in genere, cosa ti aspetti dal futuro imminente?

Mi aspetto sempre buona musica, meno presunzione. Non esistendo, attualmente, nuove correnti, il panorama è assolutamente aperto. Una cosa che mi dispiace è che attualmente si parli poco dei testi delle canzoni, si parla sempre di musica, mai dei testi.

Ci puoi confidare, da musicista e dj, un tuo sogno nel cassetto?

Mi piacerebbe moltissimo poter intervistare e far suonare Peter Gabriel a Radio Rock, è un genio.

 

I commenti sono chiusi.